Fidel La Barba: L'imbattibile "Mosca"

 



L’ imbattibile “mosca”

40 anni fa moriva Fidel La Barba, leggenda della boxe internazionale




 

di Generoso D’Agnese

L’immagine che forse resterà indelebile nella memoria è quella che lo ritraeva in scherzoso combattimento con Primo Carnera, il gigante di Sequals. Eppure, il piccolo Fidel La Barba, non avrebbe sicuramente perso inopinatamente un eventuale incontro con Carnera. Perché il suo fisico era piccolo ma la sua agilità impressionante.   Una mosca dotata di grande talento: questo era Fedele La Barba, nato a New York  il 29 settembre 1905 e figlio di immigrati arrivati in America nel 1894.

Il padre Domenico La Barba era nato a Crecchio (CH) nel 1864 e la madre Palmina Cianci era nata ad Arielli (CH) il 27 agosto del 1873. I due si sposarono ad Arielli il 29 ottobre del 1888 ma dopo anni di resistenza decisero infine di emigrare per riscattare la loro  umile condizione economica. La famiglia La Barbra s’imbarcò sulla “Wieland” con un biglietto di terza classe e superate i cancelli di Ellis Island si   si stabilirono a New York nel quartier del “Bronx”. Negli Stati Uniti nacquero Louis, Francis Theodore, Anthony, Joseph, Fedele, Maria e Antonia.

La famiglia, dopo i primi anni di adattamento alla vita americana, intraprese un’ulteriore migrazione, questa volta in direzione Ovest. Su suggerimento del cugino Danny Di Tullio Domenico, Palmina e i loro sette figli  nel 1912 si trasferirono  nella soleggiata Los Angeles nel 1910. Domenico infatti trovò un buon lavoro nel campo delle costruzioni nella città di Bakersfield  ma non ebbe tempo di apprezzarlo. Due anni dopo infatti la famigliola abruzzese fu colpita dal dramma. A soli 41 anni   morì mamma Palmina lasciando solo il povero Domenico (che morirà 14 anni dopo) i suoi sette figli.  L’immigrato abruzzese provò, in ogni modo, a tenere unita la famiglia ma infine fu costretto a mettere i ragazzi più piccoli in vari istituti.   Fedele (che per gli americani divenne presto  “Fidel”)   dopo un solo anno riuscì però a fuggire per tornare a casa e mettersi a disposizione per aiutare la famiglia. 


 

Fedele trovò inizialmente lavoro come “strillone”  per il Los Angeles Express poi come  “lustrascarpe” e infine il ragazzo come fatica in una sala da bowling. Contemporaneamente iniziò a frequentare le palestre di pugliato, affascinato soprattutto dagli incontri di successo del fratello Francesco Tedoro (che combatteva con il nome di Ted Franchie e che nel 1921 ebbe anche il suo momento di gloria nel cinema, con una parte nel film  The Burglars Bold). Erano gli  anni in cui la boxe rappresentava una possibile via di riscatto per i giovani immigrati negli Stati Uniti. Fedele iniziò a combattere a soli 12 anni nell’Elks Club diretto da Carlo Curtiss (già manager del campione del mondo John Willard) e l’isturttore di boxe della sua scuola (La Central High School) Bob Howard ne riconobbe il potenziale. Nel  campionato scolastico Fidel La Barba sconfisse Dave Mariney (che nella vita quotidiana si chiamava Marini) e dopo i suoi primi passi da pugile del fine settimana  conobbe il maestro di pugilato George Blake che ne intuì definitivamente le qualità sportive, permettendogli di rappresentare i colori del Los Angeles Athletics Club (L.A.A.C.). Blake lo avrebbe lungo tutto il corso della  sua carriera.  Piccolo e agilissimo, Fidel  divenne un  gigante tra i “peso mosca” che  nel suo vocabolario sportivo conosceva solo la parola “vittoria”. Dopo numerosi incontri vincenti, nel 1924 toccò l’apice della sua carriera con la convocazione alle Olimpiadi di Parigi per la squadra di pugilato degli Stati Uniti. Fidel sconfisse nel primo incontro  l’inglese  E. Warwick. La seconda sfida lo oppose all’italiano Gaetano Lanzi che si arrese   ai pugni di Fidel e stessa sorte toccò al canadese Rennis, nel terzo incontro. In semifinale Fidel incontrò un altro italiano: Rinaldo Castellenghi. Fu un incontro durissimo ma leale e, anche in questo caso, Fidel ebbe la meglio. Al termine della sfida l’agilissimo pugile italo-americano   si avvicinò all'avversario in lacrime e, battendogli una mano sulla spalla, gli disse, in dialetto abruzzese: “Sei stato bravo e io pure sono italiano”. Il 24 luglio del 1924  Fidel LaBarba  combatté per la vittoria finale e distrusse il britannico James McKanzie conquistando l’oro olimpico. Durante la premiazione nel palazzetto una piccola banda locale intonò l’inno italiano.

Il trionfo olimpionico gli valse il passaggio nei professionisti. Definito da un giornale  “pugile di una tecnica unica, ottimo in fase difensiva, velocissimo nel gioco di gambe, dotato di duro “jab sinistro” a cui segue, sempre con lo stesso braccio e un devastante gancio”, Fidel trovò al rientro da Parigi un’accoglienza trionfale. I giornali iniziano a glorificare le sue gesta sportive e in poco tempo il piccolo pugile di origine abruzzese divenne l’idolo degli italo-americani che in lui vedevano un simbolo di riscatto.

Il 22 agosto del 1925 segnò una nuova data epica nel calendario di Fidel. Quel giorno infatti Fidel combatté contro Frankie Genaro  per la corona mondiale dei “mosca” e fu  un trionfo. In seguito La Barba difese il suo titolo contro lo scozzese Elky Clark al Madison Square Garden davanti a ben 16.000 spettatori. Furono gli anni migliori di Fidel, che nel 1927 iniziò a declinare sportivamente. Nel 1927 ebbe infatti costanti problemi per rientrare nel peso dei “mosca”, sembrò essere sul punto di lasciare la boxe tanto che si iscrisse all’Università di Stanford ( dove conseguì successivamente la laurea in lettere). Decise infine di tornare sul ring  nella categoria dei “piuma ottenendo altri 40 successi e una popolarità  sempre crescente. Fidel La Barba fu ingaggiato per tantissime campagne pubblicitarie e presenziò ad una infinità di iniziative benefiche.  Una sua “figurina” entrò in una preziosa collezione e nella storia del pugilato sarebbe rimasta indelebile il combattimento vittorioso con  “Kid Chocolate” fino ad allora, dopo 170 combattimenti, praticamente imbattuto. Fidel combatté ancora per il mondiale ma fu sconfitto, con assai discussi verdetti finali, da Battalino e dallo stesso “Kid Chocolate”. Ritiratosi infine dallo sport attivo,   intraprese, con altrettanto successo, sia la strada del giornalismo sportivo rimanendo nel mondo della boxe come “consulente”, sia la strada del cinema. Nel 1930 venne infatti ingaggiato dalla 20th Century Fox direttamente dal capo degli studios Darryl F. Zanuck. Entrato a far parte dell’azienda, nel 1939 recitò  nel film “Susannah of the Mounties” che vedeva protagonista la piccola Shirley Temple mentre nel 1942 ebbe una parte nel film “Footlight Serenade” lavorando con la star italo-americana Victor Mature e con Betty Grabke, Chiamato a servire con il grado di sergente nell’Aviazione degli Stati Uniti negli anni della Seconda Guerra Mondiale, Fidel fu inviato sul fronte italiano dove conobbe anche Luisa, la seconda moglie, dalla cui unione sarebbero nati Vicky Marie (nel 1945) e F.John nel 1953. A guerra ultimata l’ex campione di pugilato tornò a lavorare per la Fox nel 1949 per la quale divenne il corrispondente sportiva del Santa Monica OutlooK.  Fino al 1960 . Nello stesso anno iniziò a lavorare come ispettore nella California State Athletic Commission, mantenendo tale incarico fino al 1966, quando fu costretto a ritirarsi per un infarto.  La “International Boxing Hall of Fame” lo ha inserito tra i più grandi pugili di ogni epoca. Fidel LaBarba morì il 2 ottobre del 1981 e venne sepolto nel National Veterans Cimitery di Riverside.

 

 

  

 

 

 

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