Giulia Longo: La sorrentiniana di Copenhagen

 

La sorrentiniana di Copenhagen

 






di Laura Napoletano

 

«Mi sono innamorata della Danimarca da bambina, leggendo le Fiabe di Hans Christian Andersen. Al liceo, ho poi scoperto Søren Kierkegaard, che ho potuto approfondire studiando Filosofia all’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Come premio di laurea, mi regalai un viaggio a Copenaghen. Durante il dottorato di ricerca, ebbi modo di trascorrere un periodo al “Centro di ricerche Søren Kierkegaard” dell’Università di Copenaghen. Poi ho vinto una borsa di studio offerta dal Ministero degli esteri italiano in collaborazione con quello danese, grazie a un progetto che incentivava la mobilità internazionale. Così tornai al Centro Kierkegaard, che da allora, emotivamente, non ho mai più lasciato».


 

Giulia Longo, traduttrice in italiano delle opere di Kierkegaard, incarna perfettamente l’anima poliedrica che appartiene a molti giovani italiani. Capaci di vivere in paesi lontani geograficamente e culturalmente dai nostri confini senza mai perdere la propria identità. Giulia, collaboratrice della Società “Dante Alighieri” di Copenaghen, dove si occupa del “Presidio Letterario”, e dunque di Letteratura e di incontri con scrittori e poeti italiani che vengono invitati in Danimarca, ama definirsi innanzi tutto   “Napòlide”, giocando sui due termini implicati con serietà filosofica. In Italia vive tra Napoli e Roma, dove è stata borsista per tre anni all’Accademia di Danimarca, (un’istituzione danese di livello altissimo) mentre a Copenaghen ama fermarsi spesso all’Istituto italiano di cultura, che organizza eventi di grande respiro culturale (per la maggior parte del tutto gratuiti).

«Al momento, non trovando un lavoro stabile in nessuna delle due realtà preferisco viverle entrambe sotto il segno dell’et-et, ma dentro di me so che un giorno sarò costretta a scegliere. Se avrò figli italo-danesi, insegnerò loro sia le tradizioni italiane che napoletane, se invece avrò figli italiani, li inizierò di certo alla realtà danese, magari proprio cominciando dalle Fiabe di Andersen. Non potrei mai fare a meno dell’Italia così come non potrei chiudere il legame con la Danimarca. Quantitativamente, trascorro forse più tempo in Italia che in Danimarca, ma a livello qualitativo e di dimensione intellettuale credo di essere ispirata in egual misura da entrambi i paesi. All’inizio del mio percorso di studio temevo di non essere all’altezza dell’Accademia di Danimarca poiché ero l’unica non danese tra i borsisti dell’Istituto, ma alla fine è stata tra le esperienze più belle e formative di tutta la mia vita. Copenaghen è piena di italiani. All’Istituto italiano di cultura ho conosicuto Erri De Luca, scrittore che ho sempre letto e ammirato, napoletano come me, e fu particolarmente emozionante parlare con lui sia di Kierkegaard che di Napoli»!

In un paese nel quale l’Italia viene associata all’eleganza, alla cultura, all’arte, alla moda e alla cucina, Giulia pensa  di sapere trasmettere piuttosto bene questi valori   ma tiene  molto a sottolineare che però l’eccellenza italiana non si ferma all’apparenza.

«Un mito difficile da sfatare per i danesi è quello della cosiddetta “bella figura”: loro sono convinti che gli italiani siano abituati al solo apparire e ben poco propensi ad essere. Da filosofa, io non posso proprio accettare una banalità del genere, quindi mi batto per smontare queste falsità in maniera critica, per far capire ai danesi che quello che a loro piace qualificare come modo di essere italiano al 100% in realtà non è tale. Noi italiani abbiamo una preparazione che all’estero viene fuori molto presto, perché è eccellente dal punto di vista teorico. Da quello pratico, invece, dovremmo imparare un po’ di sano “pragmatismo” dai danesi. C’è un approccio più aperto e più pratico in Danimarca: essendo una nazione piccola, i danesi sanno bene che imparare altre lingue straniere è una ricchezza per loro. Molti dicono di imparare l’italiano perché fanno prima loro danesi a imparare la nostra lingua che gli italiani a parlare l’inglese . Vorrei si conoscesse ancora meglio la cultura danese. Il periodo di Kierkegaard fu infatti quello della cosiddetta “Età dell’oro” danese, e che vide imporsi Andersen nel mondo della letteratura e Thorvaldsen in quello della scultura». 

 

 


Oltre agli aspetti artistico-letterari, due ambiti che a Giulia Longo stanno molto a cuore sono quelli della poesia e del cinema.

«Traduco poesia danese in italiano, e devo dire che le voci danesi hanno veramente qualcosa da dire, e lo dicono con stile scandinavo: conciso, tagliente, a volte chirurgico. Non abbondano di parole: scelgono quelle giuste. Per quanto riguarda il cinema, ho avuto l’opportunità di seguire alcune lezioni con Thomas Vinterberg, il regista che più ammiro al mondo. Una volta che uno studente gli chiese quali fossero i suoi registi preferiti, lui rispose: “A nord Joakim Trier, a sud Paolo Sorrentino”. Mi sentii molto fiera.  Sto scrivendo una sceneggiatura per un film che ho in mente proprio dagli incontri con Vinterberg: spero di riuscire a realizzarlo un giorno, e che il legame tra Italia e Danimarca diventi sempre più stretto e indissolubile».  

 

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