DARIO DOSIO: IL GIUDICE DI SOWETO

                                                  IL GIUDICE DI SOWETO 

di Generoso D’Agnese

 «I miei nonni materni lasciarono invece l'Italia negli anni '20 quando c'era un boom dell'oro in Sud Africa. Il bisnonno era stato sindaco di Avigliana (Torino) ma il nonno nel 1928, con l’avvento del fascismo, scappò in Africa trovando lavoro nelle miniere d'oro di Sub-Nigel, in una piccola città chiamata Nigel, situata nel Gauteng. In questa città nacque mia madre. Poi mamma fece il percorso inverso di emigrante, venendo in Italia negli anni e lavorando per un po' a Torino dove conobbe mio padre. Con lui ripartirono alla volta del Sudafrica per sposarsi a Nigel». È con voce contrassegnata da orgoglio che Dario Dosio sfoglia l’album dei ricordi di famiglia. Nella città di Nigel nel 1966 è nato anche lui, portando gioia nel matrimonio dei suoi genitori che scelsero di puntare sul Sudafrica quando nel paese c’era davvero poco su cui scommettere. Oggi i cittadini del paese africano lo chiamano con referenza “giudice Dosio” e nella città del Gauteng ha mosso i primi passi dei suoi studi che lo hanno poi portato alle più alte cariche delle istituzioni giuridiche. «Amo definirmi sudafricano di origine italiana, essendo nato in questo paese. Ho sempre avuto contatti con le mie radici italiane perché c'era ed c’è tuttora una comunità molto grande di italiani che vive a Nigel. Da bambino frequentavo il Nigel Italian Club e avevo molti contatti con bambini e adulti emigrati dall'Italia. Ho inoltre ancora forti radici con l'Italia poiché ho una famiglia molto numerosa, soprattutto nella regione Piemonte». Laureatosi alla Wits University di Johannesburg, Dario Dosio ha iniziato la sua carriera legale nel 1991 come pubblico ministero presso i tribunali penali distrettuali per poi diventare pubblico ministero nel 1994. Dopo aver vinto il concorso in magistratura, ha scelto di lavorare a Soweto, la tristemente nota township della rivolta razziale del 1976 . «Nessuno voleva venirci ed è stato facile ottenere il posto e non ho mai rimpianto quella scelta. Mi sono offerto volontario per lavorare a Soweto per 12 anni poiché c'era e c’è tuttora un grande bisogno di sradicare la violenza sessuale di genere. Ho presentato molti articoli su autori di reati sessuali e sui fattori scatenanti che portano questi autori a commettere questo tipo di crimini. 

 


 Questo mi ha permesso di diventare il vicesegretario generale dell'Associazione internazionale per il trattamento dei reati sessuali (IATSO) con sede a Vienna». Nel 2008 il giudice è riuscito a portare in Sudafrica la conferenza biennale ospitando oltre cento psichiatri forensi da tutto il mondo per dibattere sui vari temi legati alla violenza sessuale di genere a Città del Capo. 

 

 Nei giorno precedenti alla conferenza Dosio coordinò un seminario presso la prigione di Goodwood (Città del Capo) permettendo agli psichiatri forensi di trascorrere del tempo con gli addetti della sicurezza penitenziaria e insegnare loro diverse tecniche su come tentare di riabilitare i criminali sessuali. «Nei miei 12 anni di tribunale a Soweto ho cercato di sradicare gli alti tassi di stupro di bambini e adulti, crimini terribili che avvengono spesso a causa dell’alcol perché in quel sobborgo la gente beve fino al punto di perdere il controllo. Attualmente sono stato nominato giudice permanente dell'Alta Corte di Johannesburg e dedicherò il mio tempo alla specializzazione in materia civile e penale sperando di sviluppare la giurisprudenza penale in Sud Africa». Fortemente radicato al proprio lavoro, Dario non ha però perso il proprio “imprinting” di italiano e piemontese e mantiene ben salde le proprie tradizioni in famiglia, a partire da quelle gastronomiche. In casa Dosio, il venerdì ad esempio è rigorosamente dedicato alla preparazione della bagnacauda e in tanti altri giorni non mancano mai le lasagne e i ravioli fatti con le proprie mani in casa. Stessa attenzione viene riservata ai temi sociali che riguardano le migrazioni e lo scambio di esperienze tra varie comunità. «Dopo aver iniziato il mio lavoro nel Dipartimento di Giustizia sudafricano, due miei amici molto cari, Maurizio Mariano e Riccardo Pina, mi hanno chiesto di presentare una relazione sulla “fuga dei cervelli” per un convegno che si teneva a Philadelphia. Il Sudafrica ha sperimentato una fuga di cervelli di professionisti alla fine degli anni '90 simile a quella vissuta dall'Italia negli anni '50. Purtroppo ho notato che ci sono pochi confronti tra i due popoli nell’ambito del diritto e questo è un peccato perché gli italiani qui sono sempre stati visti come lavoratori molto intraprendenti.





C'è sempre stata molta ammirazione per gli italiani emigrati in Sud Africa e basta vedere quante strade e ponti siano stati costruiti dagli ingegneri e dagli operai specializzati italiani. Al ritrono dal convegno di Philadelphia ho deciso pertanto di fondare un'associazione di giovani professionisti italo/sudafricani e ho organizzato molti eventi sociali per promuovere la nostra cultura italiana ai sudafricani di origine italiana e per trasmetterla anche ad altri sudafricani. Un impegno che mi assorbe molto ma che continuerò con grande passione in segno di stima e affetto per le mie radici italiane».

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