Roberto Luigi Pagani: L'UOMO BOREALE
Roberto Luigi Pagani
L'ITALIANO NELLA LUCE BOREALE
di Generoso D'Agnese
“Troppi italiani danno per scontato ritengono che l’Islanda sia stata sempre uno scoglio gelido e isolato senza alcun interesse e senza una sua cultura. In realtà questa isola venne cristianizzata nell’anno 1000, e da subito entrò a far parte della cultura europea cattolica medievale. I vescovi e i chierici islandesi studiavano in Europa; uno dei più famosi, Jón Halldórsson, vissuto nel Duecento, ha studiato a Bologna e ha riportato in patria racconti popolari italiani che nel nostro Paese sono stati messi per iscritto solo un secolo più tardi! L’Islanda pur contando poche centinaiadi migliaia di persone, ha avuto una produzione letteraria di qualità e livello pari a quelle dei più grandi Paesi del mondo.
Un miracolo che dovrebbe essere conosciuto a riconosciuto da tutti. Invece spesso si visita l’Islanda e, notando la mancanza di monumenti antichi e magnifici, ci si immagina che sia un Paese culturalmente povero o sterile”. Orgoglioso della sua italianità, Roberto Luigi Pagani non nasconde però in alcun modo il suo grande amore per una terra che ha scelto per il suo percorso umano e professionale e che oggi lo vede insegnare nella maggiore istituzione culturale isolana e fare da ponte tra i due paesi. “Penso che il messaggio più importante che mi sforzo di veicolare sia quello dell’apertura mentale che è necessaria all’acquisizione di esperienze e conoscenze che ci trasformano e ci fanno crescere: io ne parlo in riferimento all’Islanda, ma qualsiasi cultura ha il potere di restituirci un’immagine di noi stessi e del mondo assai diversa da quella alla quale eravamo abituati, e mentre molti reagiscono con il rifiuto di questa sconcertante novità, inviterei invece ad essere curiosi”
Laureato in lingue scandinave e una laurea magistrale in studi medievali islandesi ottenuta all’Università d’Islanda, Roberto Pagani è arrivato a Reykjavik nel 2014 per conseguire un dottorato in Linguistica islandese, specializzandosi sui manoscritti medievali dell'antica lingua parlata sull'isola. Dal 2016 insegna all'Università dell'Islanda, pima Lingua italiana e poi Linguistica e paleografia islandese. “I miei rapporti con l’Italia sono come quelli che si hanno con la propria madre: tanto rispetto e gratitudine, ma anche una certa dose di risentimento per gli errori e sgarbi commessi nei miei riguardi (veri o presunti!). Sono pienamente italiano. Riconosco, ovviamente, che le mie esperienze all’estero mi hanno cambiato in alcuni modi, ma è pieno di italiani che vivono in Italia, il cui modo di vedere le cose si avvicina di più a quello di altri Paesi, senza che ciò renda queste persone meno italiane. Prima o poi farò domanda per la cittadinanza islandese senza che questo significhi rinunciare ad alcunché della mia italianità. Le persone sono complesse, e dentro ognuno di noi c’è spazio per più nazionalità senza che alcuna ne risulti defraudata”! Pagani ha lavorato anche come traduttore e non disdegna di fare la guida per Italiani qui in Islanda. Per la rivista Diana ha pubblicato una traduzione dei testi medievali sulla scoperta dell’America da parte dei popoli nordici dal titolo “Saghe della Vinlandia”, mentre Iperborea ospita una sua traduzione di un racconto medievale islandese dal titolo “Saga di Gunnar”. “Essendomi posto come una sorta di mediatore culturale tra Islanda e Italia, con il mio progetto «Un italiano in Islanda», cerco di sfruttare il mio background italiano per raccontare l’Islanda da un punto di vista diverso, e questo non è interessante solo per gli italiani, ma anche per i locali: d effettivamente ci sono diversi islandesi che mi seguono e mi scrivono di come sia stato per loro illuminante guardare a certi temi della loro cultura con la mia prospettiva da italiano.
Ho dedicato quasi dieci anni della mia vita allo studio della loro lingua e cultura, e spesso capita che sia io a insegnare loro alcune cose sul loro passato. Questo è motivo di grande ammirazione nei miei riguardi, e io spero che lo attribuiscano non tanto a me, quanto alla grande preparazione della quale ho potuto beneficiare nella scuola pubblica italiana, che per me è stata davvero maestra di vita. Penso che questo sia il modo migliore con cui uno come me possa valorizzare e rendere onore alla sua italianità”.
Roberto “vive” l’Islanda immergendovisi totalmente. La famiglia della sua compagna vive a quattro ore di auto dalla capitale e gestisce una fattoria di allevamento di pecore. Quando è possibile il prof cremonese aiuta volentieri i suoceri nelle attività agricole.
“L’Italia è il Paese dove torno per ricordarmi di quanto sono stato fortunato a poter crescere circondato da arte e storia. È anche il Paese che mi ricorda ogni volta perché ho scelto di rimanere altrove: l’eccessiva formalità, stratificazione sociale, lo stress generalizzato non fanno per me. Torno sempre ogni anno per Natale e per l’estate. Con i miei familiari ho un rapporto molto positivo e stretto, e siamo in contatto assiduo. Non potrei mai tagliare i ponti con il mio passato italiano e non ne avrei motivo. Non è sempre facile essere a distanza, ma loro accettano e hanno sempre accettato che per la mia realizzazione personale era meglio che me ne andassi”.
Il suo amore per l'isola del ghiaccio e del fuoco nasce nel 2014 e non si è mai spenta. Roberto non solo è uno dei più famosi nostri connazionali conosciuti nella terra dei geyser, ma ne sta diventando un ambasciatore modello, in una meta turistica di sempre maggior fascino e attrattività.
“Cercherei di mantenere pragmaticamente quanto di buono c’è da ambo le parti, senza voler irregimentate i figli con un regime sbilanciato da un lato o dall’altro. È giusto che crescano in un ambiente che non li faccia sentire diversi dai loro coetanei, ma anche che beneficino del fatto che il loro padre viene da un Paese diverso e che può dunque notare meglio quando qualcosa dello stile genitoriale islandese non è proprio il massimo: un esempio banale è la spesso totale mancanza di controllo sul consumo di caramelle e dolciumi, una delle concause di un fenomeno, l’obesità infantile, sempre più diffuso. In casa cuciniamo soprattutto islandese, primo perché è più rispettoso dell’ambiente fare meno affidamento sulle importazioni, e poi perché lo trovo coerente rispetto alla mia scelta di vivere qui”.
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