Frank Salvatore: ADDIO AL NARRATORE DELLA MEMORIA MOLISANA

 

ADDIO AL  NARRATORE DELLA MEMORIA MOLISANA

di Generoso D’Agnese

 


C’era tutta la forza evocatrice della storia sannita nel nome del paese che lo vide nascere  e crescere i suoi primi amori. Eppure, quando Frank Salvatore lasciò Toro, che all’epoca apparteneva ancora agli Abruzzi, aveva le idee chiare. L’America era la sua meta, il posto dove costruire il proprio futuro.

Frank vi trovò il padre, in quel lontano 1947, e dopo 13 anni si ricongiunse con una parte della sua famiglia, mettendo radici temporanee a Campbell, una cittadina dell’Ohio. Ma dall’altra parte dell’Oceano, in quel paese che oggi veste i colori del Molise e che lui aveva lasciato ancora da abruzzese, erano rimaste la madre e le sorelle, un legame altrettanto forte per il giovane emigrante con in tasca il diploma di liceo classico e tanta buona volontà. E il legame non si sarebbe mai più reciso, nei tanti anni di vita americana.  Franco Salvatore divenne uno stimato professore e dal 1962 scelse Havertown, in Pennsylvania, come sua casa, portandovi   l’orgoglio delle proprie origini abruzzesi.


Sono andato via dal mio paese quando  apparteneva alla regione degli Abruzzi. Negli anni seguenti il 1970 il paese è entrato a far parte della Regione Molise ma questa divisione per noi emigranti è molto vaga. Non riusciamo a trasformarci in qualcosa d’altro di quello che eravamo e noi, quando siamo partiti, ci sentivamo abruzzesi.  Per il sottoscritto gli Abruzzi sono quindi ancora un punto di riferimento della   memoria, tanto da andare - ogni qual volta torno in Italia - a trascorrere un periodo di vacanze anche sulle coste abruzzesi dell’Adriatico, a Silvi Marina, ospite dei miei cugini.” 




 

Il 20 novembre 2025, a 97 anni, Frank Salvatore ha terminato il suo percorso terreno, lasciando tanti rimpianti in chi ha avuto la fortuna di conoscerlo. E dopo aver onorato “i suoi Abruzzi” per 47 anni, tornando anno dopo anno nella sua terra d’origine.

Quella di Frank Salvatore è  una storia che vale la pena di essere scritta, con un protagonista cui toccò in sorte  un’infanzia difficile nel suo piccolo paese in provincia di Campobasso e un’adolescenza segnata dagli orrori della guerra. Il padre aveva evitato il conflitto, trovandosi in territorio americano per lavoro e quando la immane tragedia volse al termine non vi erano molte speranze di poter ripartire dal proprio paese per costruire un avvenire. Anche Frank guardò subito verso il Nuovo Mondo, convinto di poter sostituire il padre nel giro di qualche anno, permettendogli di tornare dalla propria moglie. Aveva 19 anni e l’arrivo negli Stati Uniti gli permise di scoprire il “suo” paradiso!  nonostante i primi saltuari lavori nelle fabbriche siderurgiche della Pennsylvania e la vita da emigrante in difficoltà con la lingua. E nonostante la malinconia per la madre e le sorelle lasciate in Italia. Il giovane torese visse in prima persona una delle ultime pagine di quell’emigrazione pionieristica che aveva trascinato lontano migliaia di italiani, disperdendoli, a partire dall’ultimo dopoguerra, nelle miniere del Belgio e nel Bush australiano, nelle fabbriche della Svizzera e in quelle del Canada, nelle Pampas argentine e nelle metropoli statunitensi.


 Francesco, divenuto per tutti Frank, pur lavorando duramente trovò il tempo di laurearsi, nella sua nuova terra d’adozione. Dopo il lavoro in fabbrica, frequentò i corsi serali per arrivare al diploma e alla laurea. Per amore degli Stati Uniti accettò di indossare la divisa, onorata dal 1954 al 1955 con i gradi di ufficiale dell’esercito.  Frank Salvatore, dopo essersi sposato con Grace Ricci (italoamericana originaria di Carovilli) divenne padre tre volte (Frankie Antony, Linda e Riccardo), e iniziò il suo percorso nel mondo dell’insegnamento partendo dalle scuole serali  (dal 1956 al 1962 presso  Youngtown in Ohio)  con i corsi di latino e spagnolo, per passare poi alle scuole superiori di Philadelphia. Raggiunse infine le cattedre universitarie, quale professore associato (tra i vari incarichi va sottolineato quello presso la Villanova University, l’ateneo che vide laurearsi il futuro papa Leone XIV) trasferendo agli studenti il suo sapere della lingua e letteratura  italiana.


Promotore di un’intensa attività di scambi culturali e viaggi d’istruzione di studenti americani in Italia, l’emigrante di Toro ha ottenuto negli anni  significativi riconoscimenti. Eletto nel 1975 “Italian Teacher of the Year” dalla AATI e dall’American Institute for Italian  Culture, Salvatore fu insignito anche  del “Fulbright Grant” dall’Università di Perugia nel 1982  nonché il premio della Università di Siena nel 1988. Membro di prestigio dell’OSIA, Salvatore fu attivissimo socio della NIAF e  di UNICO, mantenendo contemporaneamente  anche i suoi legami con le associazioni italiani dell’area di Philadelphia. 

L’Abruzzo lo ha insignito nel 2014 del Premio Dean Martin di Montesilvano e nel 2018 del premio “La valigia di cartone” di Castel del Monte, in riconoscenza del suo straordinario impegno nel mondo educativo. 

Decenni dopo il suo arrivo negli Stati Uniti, Frank Salvatore ha voluto mettere su fogli la storia di un’ umanità costretta ad abbandonare le proprie origini.  Dopo la morte dell’amatissima Grace,  questi fogli di memorie divennero pagine di un libro dal titolo significativo: “Buick Toro CB” . Uscito negli Stati Uniti  in versione inglese con il titolo di “Janus, Two Countries, Two Love Stories”, il volume  rappresenta la rievocazione di quel mondo migrante, fermato in una lingua contaminata  da forti suggestioni americane, e segnata dai sentieri obbligati che nel corso del dopo  guerra portarono  migliaia di giovani a disperdersi per il mondo,  Frank Salvatore, nei 78  anni vissuti in terra americana non ha in effetti mai  dimenticato la propria avventura e anzi, l’ha coltivata insieme a quella di tanti altri  connazionali, riunendola  in un romanzo corale, che prende spunto dalla vicenda  autobiografica per abbracciare le tante vite interessanti che seppero inventare gli italiani  nel Mondo. Una strada suggestiva quella percorsa dall’autore che ha raccolto gli apprezzamenti  della critica italoamericana portandolo alla vittoria nel  Premio Parco Maiella, che della Natura e del legame con le radici ha voluto fare il proprio simbolo. Il  volume vinse nella sezione “Italiani all’estero”,  fu osannato anche da Dacia Maraini, presidente della giuria e grande  appassionata dell’Abruzzo.  Frank Salvatore, cui è andato il premio “Tholos d’oro”, nell’occasione strappò applausi a scena aperta. La sua storia, la storia di un’emigrante che ha perso  due volte le proprie origini (la prima, quando lasciò gli Abruzzi per l’America, la seconda  quando il suo paese divenne molisano) toccò infatti le corde giuste in un’area che ha  pagato un prezzo altissimo alla spoliazione di braccia e menti, confermando le critiche positive di professionisti della scrittura.


Salvatore, nel 2010 si rese protagonista anche di un bellissimo gesto nei confronti della sua terra. Dopo aver pubblicato l’anno precedente il suo secondo libro, “L’ardua strada – dalla schiavitù a Barack Obama” ,  (cui poi ha fatto seguito il libro “La mia America”) tornò in Abruzzo portando con sé un assegno del Circolo italiano di Philadelphia, da consegnare all’associazione Nuova Acropoli per la ricostruzione della propria sede distrutta dal sisma aquilano.

Un ultimo grande gesto in favore di una terra che lo aveva visto andare via a 19 anni ma che lui non considerò mai matrigna.

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