Al Zampa IL LAVORO SOSPESO NEL CIELO
Al Zampa
IL LAVORO SOSPESO NEL CIELO
Di Generoso D’Agnese
Oggi in Cina i ponti li costruiscono con la SLJ900/32 della Beijing Wowjoint Machinery: 91,8 metri di lunghezza,
7,4 di larghezza e 9 di altezza per un peso mostruoso di 580 tonnellate.
Ottanta anni fa ci pensavano invece tanti uomini che
salivano su pilastri altissimi e camminavano su tiranti d’acciacio che
solcavano il cielo. E spesso cadevano giù, saltando letteralmente giù dalla
giostra della vita, per permettere ad altri di attraversare fiumi e mari.
Anche
Alfredo Zampa volò giù dal ponte. Successe nel 1936 nella baia di San
Francisco. Successe mentre costruiva alacremente un ponte destinato a diventare
uno skyline di San Francisco: il Golden Gate Bridge.
Ma Alfred Zampa non morì e passò il resto della vita
a ringraziare Dio per avergli salvato la vita. E dopo essersi fratturato diverse vertebre e
aver trascorso mesi e mesi in ospedale e nelle cliniche di riabilitazione,
risalì sulle stesse funi e continuò il suo lavoro, iniziando al tempo stesso
una strenua battaglia in favore della sicurezza del lavoro. Affinché ad altri
non toccasse una sorte peggiore della sua, affinché il lavoro, anche in
condizioni estreme, equivalesse a dignità e sicurezza.
A distanza di tanti anni Al Zampa ha
vinto la sua battaglia.
Nella vita e oltre.
Negli Stati Uniti gli unici due ponti che
portano il nome italiano sono due: il ponte Verrazzano di New York, e l’Alfred Zampa
Memorial Bridge costruito nel 1973. Dedicato a un vero paladino della lotta per
il diritto alla sicurezza del lavoro. La leggenda degli “Ironworkers”.


Dopo quattro anni di duro ricovero al St. Luke
Hospital decise, contro il parere di
tutti, di tornare a lavorare sui ponti d’America. Ma il volo nel vuoto non
lasciò insensibile il tenace italiano. Ricordando il suo incidente come la “sua
favola d’oro”, Al Zampa diede vita all’associazione chiamata “A metà strada tra
il paradiso e l’inferno”, impegnandosi a sostenere tutte le battaglie della
categoria, in favore di un lavoro più sicuro. E continuò il suo lavoro per
quasi dieci lustri, instancabile operaio specializzato sui ponti più celebri
della California, del Texas, dell’Arizona e dello stato d New York.

Il figlio Richard ricorda con orgoglio il grande
insegnamento di Al, dopo averne seguito le orme nel lavoro. Altrettanto hanno
fatto suo fratello e i suoi figli, perpetuando una dinastia di tecnici acrobati
e di sindacalisti impegnati a favore della propria categoria professionale. A
differenza di suo padre e di suo nonno il nipote Don ha invece potuto
finalmente scoprire la terra degli avi e girare per le strade di Ortucchio,
alla ricerca dei numerosi punti di riferimento tramandati dai suggestivi
racconti di famiglia. Don ha affidato al web e a facebook la cura di una pagina
dedicata alla "Alfred Zampa Memorial Bridge Foundation" che raccoglie
testimonianze e idee per la battaglia no stop contro i pericoli del lavoro
degli ironworkers degli Stati Uniti. Al Zampa si ritirò dal lavoro nel 1970,
all’età di 65 anni ma il pensionamento servì soltanto a dare più slancio al suo
impegno nel sindacato di categoria. Autore, insieme a Isabelle Maynard, di
"The Ace" un volume sulla sua vita e sull’impegno in favore della
sicurezza dei cantieri, l’italoamericano seguì da pensionato l’inizio dei
lavori per la costruzione che poi avrebbe preso il suo nome, in sostituzione del
vecchio Carquinez Bridge che lui stesso aveva contribuito a costruire nel 1927
nella baia di San Francisco Diede i suoi consigli per la sicurezza del cantiere
e non si stancò mai di difendere i diritti dei lavoratori in tema di sicurezza.
Morì nel 2000, e la dedica del sesto ponte più lungo degli Stati Uniti (appena
dietro il famoso ponte di Brooklyn) è la vittoria dell’uomo comune, capace di
regalare all’America la dignità del lavoro da trasmettere ai posteri.

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