Franco Rasetti: LO SCIENZIATO CHE DISSE NO ALLA BOMBA ATOMICA

 

LO SCIENZIATO CHE DISSE NO ALLA BOMBA ATOMICA

Dimenticato da tutti, Franco Rasetti, appartenne al gruppo

di via Panisperna e rifiutò di partecipare al progetto Manhattan

 


 

di Generoso D’Agnese

 

 Era considerato "il fratello maggiore" del gruppo e per anni trainò gli altri nelle ricerche della fisica nucleare, dando vita a un sodalizio destinato a passare alla storia come quello dei "ragazzi di Via Panisperna". Per anni si dedicò anche alla difesa dell'indipendenza  degli studi fisici, rifugiandosi infine in un ostinato silenzio e nell'amore per la paleontologia. Franco Rasetti fu in effetti un vero "grande" del panorama italiano d'inizio secolo e scelse gli Stati Uniti per sfuggire al delirio delle leggi razziali fasciste e naziste.  Non ha ricevuto nessun premio Nobel questo astrofisico appassionato di geologia e paleontologia, nonostante fosse compagno di studi di Enrico Fermi; ma lui si accontentò della tranquilla cattedra della Laval University di Québec in Canada e della successiva cattedra al Johns Hopkins di Baltimora.


Franco Rasetti vide la luce a Pozzuolo Umbro (frazione di Castiglione del Lago) il 10 agosto del 1901 e la sua infanzia fu subito segnata da ottimi risultati scolastici. Ragazzo attento e scrupoloso, il giovane si indirizzò ben presto verso il campo della fisica e a soli 21 anni conseguì la laurea in Fisica presso l'università di Pisa. Nel 1930 ottenne invece la cattedra di spettroscopia nell'Università di Roma, proponendosi come uno dei più brillanti studiosi del panorama universitario italiano ed europeo.

Ma per il giovane e brillante studioso degli elettroni arrivò ben presto il tempo delle amarezze. Nel 1939, insieme a tanti altri studiosi italiani fu posto davanti a una scelta obbligata: le leggi razziali lo costrinsero infatti a prendere la strada dell'esilio e di portare altrove le sue conoscenze sulla fisica nucleare, sempre più interessanti e sempre più pericolose da gestire. Franco Rasetti accettò quindi di buon grado il modesto incarico di professore presso l'università Laval  di Québec, nell'estate del 1939, e iniziò subito a impiantare un nuovo laboratorio per lo studio sulla fisica nucleare e sui raggi cosmici. Con grande forza d'animo costruì da solo e con l'esclusivo aiuto delle proprie mani 60 contatori Geiger-Muller e i relativi circuiti elettronici, per la misurazione della vita media del "muone" ( si chiamano così i mesoni - neutroni lenti- dei raggi cosmici) in laboratorio. In pochi mesi realizzò quindi un vero e proprio miracolo nella piccola università canadese, immersa nella maestosa natura nordamericana e isolata  da altre comunità scientifiche.


Rasetti però capì che i suoi studi sulla fisica nucleare avrebbero presto attirato altre richieste da parte della nazione ospitante. In Europa la guerra infuriava e arrivavano voci allarmanti sui progressi della scienza nazista nel campo della fissione nucleare. Altri italiani avevano nel frattempo raggiunto i porti sicuri degli Stati Uniti, portando con sé le terribili esperienze della dittatura e della guerra e se l'immane catastrofe bellica convinse i più ad accettare di lavorare nel progetto Manhattan, sotto l'ala protettrice di Enrico Fermi, Rasetti rifiutò un primo invito a collaborare con gli scienziati inglesi trasferiti dall'Inghilterra a Montréal  intorno a progetto nucleare che sarebbe poi confluito in quello di Los Alamos.

 "Dopo un'approfondita riflessione declinai l'offerta; ci sono poche decisioni mai prese nel corso della mia vita per le quali ho avuto un minor motivo di rimpianto. Ero convinto che nulla di buono avrebbe potuto scaturire da nuovi e più mostruosi mezzi di distruzione, e gli eventi successivi hanno confermato in pieno i miei sospetti. Per quanto perverse fossero le potenze dell'Asse, era evidente che l'altro fronte stava sprofondando in un livello morale (o immorale) simile nella condotta della guerra, come testimonia il massacro di 200 mila civili giapponesi a Hiroshima e Nagasaki." Con queste parole taglienti, il fisico italiano avrebbe ricordato, negli anni postbellici, la sua scelta di campo e il suo progressivo isolamento dal resto della comunità scientifica internazionale.  Gli anni di fuoco, tra il '43 e il '45, furono davvero anni cruciali per il mondo della fisica. Impegnati in una strenua corsa, gli scienziati aderenti all'Alleanza, dovettero affrontare infiniti problemi tecnologici e logistici, il tutto accompagnato dal grave peso della scelta morale. Forse tutti sapevano cosa avrebbero prodotto i loro studi e nessuno però immagino i spaventosi risultati della soluzione finale.

Rasetti intuì tutto. Aveva già capito l'enorme potenza nascosta negli elettroni e pronta ad essere trasformata nella più grande forma di energia. Ma lui apparteneva al gruppo degli scienziati "puri" e rivendicò sempre la propria autonomia. Per non intralciare ulteriormente gli studi e per non creare imbarazzi alle autorità britanniche, Rasetti scelse così volontariamente di abbandonare il campo della fisica di guerra e di abbracciare un'antica passione accantonata in anni di frenetici calcoli ed esperimenti del microcosmo.


“Io sono rimasto talmente disgustato dalle ultime applicazioni della fisica (con cui, se Dio vuole, sono riuscito a non aver niente a che fare) che penso seriamente a non occuparmi più che di geologia e di biologia. Non solo trovo mostruoso l’uso che si è fatto e si sta facendo delle applicazioni della fisica, ma per di più la situazione attuale rende impossibile rendere a questa scienza quel carattere libero e internazionale che aveva una volta consideravo dotate di un senso della dignità umana si prestino ad essere lo strumento di queste mostruose degenerazioni. Eppure è proprio così e sembra che neppure se ne accorgano....” Le parole del fisico, scritte all’amico Enrico Persico (suo successore nella cattedra di Fisica all’Università Laval) segnarono in pratica l’addio dello scienziato al suo più grande amore. E l’abbandono di Rasetti non fu certo perdita di poco conto. L’uomo che decise di lasciare i neutroni aveva anticipato risultati, pur lavorando in condizioni logistiche approssimative, che anni dopo portarono al Nobel un altro italiano, Emilio Segré. 

Ma lo studioso non cambiò più la sua decisione. Staccatosi da quel mondo che ora vedeva con la lente dell’osservatore critico, Rasetti si gettò nello studio dei fossili e sfogò in questa nuova branca scientifica l’inesauribile vena intuitiva. La Paleontologia (...”scienza pacifica e ancora libera da interessi politici!”...) trovò nell’italiano un vero e proprio tesoro, e il Canada, per merito dell’ormai ex fisico nucleare, assurse agli onori della cronaca per i suoi giacimenti fossili scoperti in pochi anni di ricerca assidua. In un lasso di breve tempo Rasetti rovistò tutta la zona del Québéc, per un raggio di almeno 800 chilometri, riducendo in poltiglia tonnellate di roccia. In tre anni l’italiano pubblicò decine di trattati scientifici acquisendo la  fama di uno dei migliori specialisti della fauna dell’epoca Cambriana. Assiduo collaboratore  del prestigioso U.S. National Museum, analizzò migliaia di reperti e non abbandonò mai  questo filone scientifico.


Nel 1947 Franco Rasetti ebbe l’unico sussulto per una nuova avventura, accettando di  trasferirsi alla Johns Hopkins University di Baltimora. Nell’ateneo del Maryland l’ormai isolato  professore, riaprì in minima parte il capitolo della fisica accettando la cattedra di  insegnamento. Ma nella stessa università egli insegnò anche geologia, paleontologia, entomologia e botanica, abbandonando in sostanza il gruppo di uomini che negli anni  avrebbero trovato fama e successo negli istituti di fisica americani. Ma tutto questo non toccò mai l’orgoglio di Rasetti. Alla fama e al Nobel (che avrebbe sicuramente conquistato  con le sue straordinarie intuizioni.

La vita scientifiche), preferì  il silenzio e il malumore dei colleghi,  che mal sopportavano la sua totale integrità morale familiare, per lo scienziato dissenziente, si dipanò negli anni successivi tra Stati Uniti ed Europa. Nel 1948 la mamma decide di rientrare definitivamente in Italia. Franco nel 1949 sposò Marie Madeleine Hennin, e la coppia visse a  Baltimora fino al 1967. Nel 1958 il suo volume Invertebrate paleontology, pubblicato   divenne presto un manuale di riferimento nello studio dei Trilobiti e le sue ricerche furono coronate, nel 1965, dalla nomina a honorary research associate in paleobiology da parte della Smithsonian Institution.

I coniugi Rasetti lasciata Baltimora, decisero di vivere a Roma. Nel 1977 il nuovo e definitivo trasferimento, questa volta   nel paese natale della moglie, Waremme , in Belgio, città nella quale lo scienziato proseguì le proprie ricerche paleontologiche e botaniche. Rasetti pubblicò il  manuale di botanica I fiori delle Alpi, pubblicato a Roma nel 1980, ancora oggi considerato   il testo più completo sull’argomento. Le collezioni di fossili raccolte da Rasetti in diverse zone del Canada, degli Stati Uniti e in Sardegna ammontano a più di 50.000 esemplari. I fossili – come pure i Coleotteri e le specie botaniche – furono da lui donati a diversi musei in Italia e all’estero, tra cui lo United States National Museum (Washington, Smithsonian Institution).
Dimenticato come fisico nucleare, Rasetti si guadagnò  nel 1952, la medaglia Walcott della National Academy of science di Washington per le ricerche paleontologiche e, nel 1985, la nomina a cavaliere della Gran croce della Repubblica italiana.

Il fisico che disse no alla bomba nucleare si spense a Waremme il 5 dicembre 2001, dopo aver festeggiato da poco i 100 anni.    

 

 

 

 

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