Padre Ezechiele Ramin: IL MARTIRE DI CUTUVA

 

IL MARTIRE DI CUTUVA

40 anni fa padre “Lele” morì per difendere i diritti dei  contadini


 

di Generoso D’Agnese

 

Il 24 luglio 1985 . Fazenda Catuva, località Aripuanã, Mato Grosso, Brasile

Padre Ezechiele Ramin, inseieme al presidente del sindacato dei lavoratori rurali  è tra i piccoli agricoltori cercando di persuaderli a non prendere le armi contro i latifondisti.

Ha disobbedito alla richiesta dei suoi superiori di fare attenzione e riprende la strada verso la propria missione. Non tornerà mai più. Sette sicari armati di pistola lo colpiranno con 50 pallottole e nonostante questo lui avrà ancora il tempo di sussurrare ai suoi carnefici: “vi perdono”.

La sua salma non potrà essere recuperare dai propri confratelli comboniani prima di 24 ore e nel frattempo un gruppo di Indios della nazione Surui veglierà su di essa. Un gesto di grande rispetto e affetto da parte di chi ha conosciuto la straordinaria bontà di padre Ezechiele.

Alla messa celebrata a distanza di sette giorni dalla morte, molti indigeni saranno presenti per rendere omaggio a padre Ramin che, pur avendo lavorato più direttamente con i sem-terra, aveva sempre appoggiato anche loro. 


 

Dopo la celebrazione eucaristica un corteo sfila per le vie di Cacoal, aperto da un contadino che impugna  una croce su cui è stata posta la camicia di padre Ramin, traforata di proiettili e sporca di  sangue. Il corteo procede  silenzioso, ultimo omaggio a un uomo arrivato soltanto un anno e mezzo prima ma capace di catturare l’amore di tutti.

Conosciuto familiarmente come "Lele" in Italia ed "Ezequiel" in Brasile, padre Ramin è stato definito "martire della carità" da Papa Giovanni paolo II e da martire ha terminato il suo breve apostolato nello stato della  Rondônia, dopo essersi messo in prima linea nella lotta per la giustizia dei lavoratori e degli Indios, tentando di persuaderli ad intraprendere la strada della protesta pacifica piuttosto che quella della lotta armata. Non ha avuto il tempo di incidere sui cambiamenti locali, ma ha lasciato un segno immenso di lotta civile.

Nato a Padova il 9 febbraio 1953, Ezechiele era figlio di Mario Ramin (artigiano) e Ammirabile Rubin (casalinga) e condivse l’infanzia con altri 5 fratelli, tutti maschi. Allievo del Collegio Barbarigo di Padova nel 1971, si impegnò nel gruppo di Mani Tese e la sua attività in favore dei poveri del Sud del mondo diede spinta alla sua vocazione missionaria, concretizzata poi dall’incontro con gli studenti del vicino seminario dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù e del loro superiore padre Pietro Settin.


Fra i Missionari Comboniani Ezechiele conseguì la maturità classica nel 1972, con ottimi voti. e scelse di far parte di far parte della loro famiglia.     Nel 1972 partì per Firenze, per il postulandato.
Conseguì il baccalaureato negli anni 1972-74 presso lo Studio Teologico Fiorentino. In un periodo segnato dal dilagare del terrorismo   Ezechiele passò a Venegono Superiore (Varese) per il noviziato e il 5 maggio 1976 professò i voti temporanei.  Chiese di poter espletare almeno una parte degli studi teologici in terra di missione, possibilmente in Uganda ma fu inviato invece in Inghilterra, dove rimase per tutto l’anno di studio 1976-’77.

Nel 1977 fu destinato allo scolasticato di Chicago. Innamorato anche della medicina non riuscì però a formarsi in tale campo, laureandosi invece in    Teologia con la specializzazione in Missiologia.
 Dopo poco più di due anni a Chicago, venne inviato a Città del Messico, dove per quattro mesi approfondì lo studio della lingua spagnola. Trascorse altri otto mesi a cavallo fra il 1979 e 1980 in Bassa California, nella Città dei Ragazzi, lavorando fra i ragazzi messicani e rivelando un grande senso della vita comunitaria e di apertura verso i poveri.Il 18 maggio 1980, a Cabo San Lucas in Bassa California, pronunciò i voti perpetui. Rientrato in Italia, Ezechiele venne ordinato sacerdote il 28 settembre 1980 per poi essere inviato presso la comunità comboniana di Napoli.  In seguito al terremoto dell’Irpinia del  23 novembre 1980, padre Ezechiele fu inviato a San Mango sul Calore, un paesetto dell’Irpinia totalmente crollato, nel quale anche il parroco era morto sotto le macerie. Padre Ezechiele rimase per un mese senza togliersi nemmeno le scarpe, riposando in qualche modo in una roulotte di due metri, che fungeva da ufficio parrocchiale e da centro di coordinamento aiuti. Organizzò anche una scuola elementare provvisoria, circondando con dei teli di plastica i pilastri di una casa in costruzione, aiutato da maestre volontarie provenienti dal nord Italia. La permanenza nel Sud Italia gli confermò il desiderio di tornare in Sudamerica. Padre Ramin  chiese di essere mandato in Brasile, e il suo desiderio fu esaudito nel gennaio del 1984 . Per sei mesi sostò a Brasilia per lo studio del portoghese, ma ne approfittò per comprendere più da vicino le ingiustizie che subivano i contadini brasiliani. L’uno per cento dei proprietari terrieri, i latifondisti, controllava il quarantacinque per cento dell’intera area rurale del Brasile. Trecentoquaranta proprietari di terre possedevano cinquanta milioni di ettari, mentre due milioni e mezzo di contadini ne possedevano solo cinque. I latifondisti ottenevano gli atti di proprietà rilasciati dal Governo e si presentavano ai contadini per l’espropriazione, ma loro non avevano i documenti e i mezzi per dimostrare che quel pezzo di terra era di loro proprietà da generazioni.


La Chiesa si schierò a difesa dei camponeses ovvero i contadini, sfidando la forza dei proprietari, appoggiati dai pistoleros, uomini armati da loro assoldati. In un paese nel quale l’esercito non sempre riusciva ad intervenire, molti sindacalisti, politici, contadini, capi di leghe contadine, ma anche sacerdoti e missionari, vennero uccisi perlopiù in imboscate. In tale clima operò Padre Ezechiele,  destinato a Cacoal nello Stato di Rondônia, una diocesi di 214.000 km quadrati. Spostandosi in auto e celebrando la Messa in chiese  di legno, spesso fatiscenti, costruite dai contadini stessi nella folta vegetazione amazzonica, il missionario di Padova conquistò
 subito la loro fiducia. Lo stesso valeva per i due confratelli e per le quattro suore che collaboravano in parrocchia con lui. Padre Ezechiele arrivò a Cacoal pochi giorni dopo il 25 luglio 1984, giorno dedicato al lavoratore, nel quale la polizia aveva sparato contro il popolo in processione ad Aripuanã, presente il vescovo della diocesi di Ji-Paraná. Nell’omelia   tenuta il 17 febbraio 1985 alla gente di Cacoal il missionario rese quasi il suo testamento spirituale:
«Il padre che vi sta parlando ha ricevuto minacce di morte… Cari fratelli, se la mia vita vi appartiene, vi appartiene anche la mia morte... Le aree libere del nostro Stato di Rondônia, cioè la terra di nessuno, appartengono ai nostri fratelli senza terra, e non ai fazenderos avidi. No, perché non è questa la giustizia…».

 


Il 24 luglio 1985, padre Ezechiele e il suo amico sindacalista Adilio si spostarono a cento chilometri dalla parrocchia di Cacoal per arrivare alla fazenda Catuva, il cui proprietario era Osmar Bruno Ribeiro.Nella zona molte famiglie cercavano un pezzo di terra per sfamare le loro famiglie ed avevano occupato in anticipo la terra lungo la strada che collegava lo Stato di Rondonia e il Mato Grosso addentrandosi nella fazenda Catuva. Per questa ragione i contadini erano passibili della ritorsione dei fazenderos e dei loro pistoleros; questi ultimi non aspettavano altro, per incassare quarantacinque dollari per ogni morto. Padre Ezechiele e Adilio arrivarono sul posto prima che si cominciasse a sparare. Cercarono di persuadere i contadini a non armarsi contro i proprietari, perché questi, invocando la legittima difesa, avrebbero senz’altro aperto il fuoco. Conveniva quindi avere pazienza: nel giro di qualche settimana sarebbero arrivati gli atti legali per l’assegnazione governativa. I contadini si convinsero e quindi si ritirarono. La mossa spiazzò i proprietari e segnò la condanna del   giovane prete che riusciva a convincere i contadini 

 Il missionario considerato  uomo pericoloso dai latifondisti  venne trucidato in un’imboscata da 7 “jagunços” le guardie armate di tutto punto assoldate della fazenda: una pioggia di colpi di armi da fuoco si abbatté su di loro. Adilio riuscì a buttarsi fuori dall’auto finendo nell’alta erba e si salvò. padre  Ezechiele uscì dall’auto e fece per avvicinarsi agli uomini armati gridando: «Sono un sacerdote, parliamo!». Cadde crivellato di colpi.

A padre Lele fu subito riconosciuto di aver versato il sangue in ossequio alla fedeltà alla propria vocazione, restando sul posto nel momento del pericolo e per un motivo di carità verso i poveri e gli oppressi. Per questa ragione e a fronte della sua perdurante fama di martirio, i padri Comboniani hanno deciso di chiedere l’apertura della sua causa di beatificazione e canonizzazione, per l’accertamento dell’effettivo martirio in odio alla fede. L’inchiesta diocesana principale si è svolta nella diocesi di Ji-Paraná dal 1° aprile 2016 al 4 marzo 2017. A essa si è aggiunta l’inchiesta rogatoriale presso la diocesi di Padova, iniziata il 10 aprile 2016 e conclusa il 25 marzo 2017. Ora è al vaglio della Congregazione delle Cause dei Santi a Roma.

 

 

 

 

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